Descrizione

Il borgo disabitato di Roca Nuova è situato a metà strada sulla provinciale Melendugno – Torre dell’Orso. Appena usciti dalla provinciale, ci si immerge in un mondo antico, sospeso nel tempo, rimasto quasi immutato rispetto a 500 anni fa.

Roca Nuova, infatti, è un’istantanea del Salento del Cinquecento.

Il centro venne costruito dai profughi di Roca Vecchia, quando la celebre città sul mare venne rasa al suolo intorno alla metà del XVI secolo. Quelli di loro che non si distribuirono nei centri vicini esistenti, edificarono ex-novo questo piccolo borgo.

Il paese è caratterizzato da un castelletto, da poche casupole allineate, da una cappella e da un frantoio. Non si sa con precisione quando furono terminati i lavori, ma presumibilmente le fortificazioni sono state realizzate in contemporanea con l’edificazione delle torri sulla costa, tra gli anni Sessanta e Settanta del Cinquecento.

Il castelletto di Roca Nuova, poco più di una torre in verità, è attualmente mancante di parte del primo piano e bisogna immaginarselo circondato da un fossato e con il ponte levatoio, così com’era nel Cinquecento. Al piano terra vi è un ampio salone, forse con funzioni di rappresentanza; attigua, vi è una piccola prigione semi-ipogea, con interessanti incisioni: un cavaliere in armatura (San Giorgio), immagini stilizzate di galeoni e brigantini (secc. XVII-XVIII), le classiche tacche per scandire le giornate. Al piano ammezzato, vi sono alcuni ambienti di servizio. Il primo piano, che manca della copertura, doveva essere delle camere; vi si aprivano anche camminamenti e feritoie per le armi da fuoco.

Vicino al castelletto, allineate le une alle altre ed addossate al muro di cinta, ci sono alcune antiche abitazioni, composte per lo più da: uno o due locali per l’alloggio, con camino; un piccolo cortile esterno; una o due fosse per custodire le derrate alimentari.

Alla fine della stradina su cui si affacciano le abitazioni, è presente un frantoio.

Il villaggio di Roca Nuova è oggi disabitato perché, più volte attaccato dai turchi e poi fortemente provato dalla malaria, è stato abbandonato nel corso del XIX secolo. Solo in tempi recenti l’amministrazione comunale di Melendugno lo ha restaurato, donandogli una nuova vita come testimonianza storica salentina d’eccezione.

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