8 Gennaio 2019

Come riconoscere un ulivo monumentale

Puglia terra d’Ulivi. Questo binomio sintetizza una delle peculiarità naturali del territorio che attrae più visitatori. Il Salento e Melendugno, zona di ulivi secolari, rappresenta uno dei capisaldi.

Il territorio pugliese è la regione italiana con il più rilevante patrimonio olivicolo, con oltre 350mila ettari coltivati ad ulivo. Il Salento, con 84mila ettari, può contare su quasi 10 milioni di piante; il trenta percento di queste hanno natura secolare, diventando così patrimonio ed elemento d’identità connaturata dei pugliesi.

Non soltanto un fregio da mostrare ai turisti, bensì un riferimento da preservare per conoscersi meglio. L’UNESCO ha riconosciuto che in Puglia l’albero d’ulivo monumentale è Patrimonio dell’Umanità.

Ma come si riconosce un ulivo monumentale?

La Legge Regionale del 2007 sulla “Tutela e Valorizzazione del Paesaggio degli Ulivi della Puglia” definisce il carattere di monumentalità quando la pianta possiede un’età plurisecolare.

Come si “legge” la carta d’identità di un ulivo? L’art. 2 della stessa norma lo specifica. L’età si deduce dalla dimensione del tronco, che deve avere diametro uguale o superiore a un metro misurato all’altezza di un metro e trenta dal suolo.

Per gli alberi con tronco “frammentato”, invece, il diametro è quello complessivo, ottenuto ricostruendo la forma teorica del tronco intero. Ciò accade quando l’impalcatura del fusto non è regolare o non deriva da innesto su olivastro.

I casi sono elencati dalla stessa legge: “…a) forma scultorea del tronco (forma spiralata, alveolare, cavata, portamento a bandiera, presenza di formazioni mammellonari); b) riconosciuto valore simbolico attribuito da una comunità; c)localizzazioni in adiacenza a beni di interesse storico-artistico, architettonico, archeologico riconosciuti ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004 n.42…”

La monumentalità di un albero, come è giusto che sia, non è però soltanto questione di misure, numeri e calcoli geometrici. La lettera b) del già citato articolo assegna il carattere di monumentalità agli ulivi che abbiano “accertato valore storico-antropologico per citazione o rappresentazione in documenti o rappresentazioni iconiche-storiche”.

Le piante monumentali, soprattutto grazie a questo requisito, svolgono un duplice compito. La funzione scientifico-didattica è ricavabile dall’interesse che studiosi del settore hanno da sempre riservato per gli alberi d’ulivo. Dall’altra parte, gli appezzamenti dove si trovano diventano dei veri e propri siti d’interesse turistico.

Gli ulivi monumentali, al giorno d’oggi, ci trasmettono un messaggio genetico importantissimo: preservare il valore della biodiversità. Bisogna non perdere questo principio perché questo significherebbe diminuire le nostre possibilità di scelta per il futuro e rendere più precaria la nostra esistenza.

E come si procede tecnicamente alla determinazione dell’età dell’ulivo? Esistono due metodi di datazione per gli elementi vegetali, abbastanza attendibili.

Il primo è la dendrocronologia, che si basa sul numero, lo spessore e la densità degli anelli annuali di crescita di alberi secolari o millenari. Viene effettuata eseguendo dei carotaggi con sezione a forma di spicchio, per evitare di arrecare danni all’albero.

Il secondo è invece noto come datazione radiometrica. Si basa sull’impiego di serie radioattive (carbonio, potassio-argo, rubidio-stronzio, piombo) con tassi costanti di decadimento isotopico che fungono da “orologio geologico”. La misura del livello di carbonio consente un calcolo dell’età partendo dai resti.

La datazione di alberi monumentali, rispetto ad altri elementi naturali come rocce e sedimenti, presenta alcune criticità, rappresentate da tangibili difficoltà tecniche. Su tutti c’è il diverso ritmo di crescita della circonferenza secondo la struttura del tronco. In più, le strutture basali dell’albero possono complicarsi e diradarsi in seguito a traumi subiti naturalmente (stroncature, attacchi patogeni) o a potature.

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