19 Settembre 2018

Antichi mestieri del Salento: il Contadino

Lavoro duro e fatica. Non era di certo facile la vita del contadino, l’antico mestiere per antonomasia più diffuso a Melendugno e nel Salento.

MelendugnoToYou-olive-contadini-3La giornata di lavoro iniziale al sorgere del sole e finiva al tramonto (te sule an sule) e le rare pause per rifocillarsi consumando del cibo portato da casa. La natura stagionale dei tipi di coltivazione praticati però non copriva l’intero arco dell’anno; pertanto, nei mesi morti, di norma durante l’inverno, bisognava economizzare in famiglia.

Gli uomini che lavoravano sui campi erano per la maggior parte braccianti (furesi, termine oggi noto in alcune parti del Salento per identificare coloro che provengono da un paese diverso), coltivatori autonomi o mezzadri. Tutti mestieri umili. Vivevano in condizioni leggermente migliori invece i contadini che si erano specializzati in alcuni lavori: gli aratori, che possedevano cavallo e aratro, i mundaturi, chiamati per la rimonda degli alberi, gli innestatori

I ferri del mestiere erano strumenti rudimentali, usati per portare avanti tecniche secolari come la coltura del grano e delle olive, organizzata e tipizzata in modo uguale per lunghi anni.

Per i coltivatori di grano giugno e luglio sono i mesi della mietitura, un’attività complessa che richiedeva l’opera di più contadini.

I mietitori (trapàni) procedevano e tagliavano il grano con la falce, proteggendo la mano che impugnava il ciuffo di steli con una specie di guanto fatto con pezzetti di canna. Il loro compito si concludeva lasciando sul campo i mazzetti di grano tagliato.

Seguivano dei contadini (jermitari) che raccoglievano e mettevano insieme venti mazzetti formando dei manipoli. 

OliveAltri ancora, poi, univano circa dodici di questi fasci più grossi in covoni (seddhri) e li portavano sull’aia. Qui poi si posava il tutto, facendo attenzione a porre le spighe di grano all’interno per evitare che un’eventuale pioggia potesse far bagnare il mucchio e far germogliare. 

Il grano distribuito sull’aia veniva schiacciato dal cavallo, cui si legava una grossa pietra piatta e levigata (pisàra). Questo procedimento separava i chicchi di grano, che restavano sotto, dalla paglia, presa col forcone e sistemata fuori dall’aia. 

L’ultimo step per pulire il grano era poi la ventilazione (nemizzazione). Lo si sollevava con la pala durante le giornate di vento per disperdere la pula e preservare i chicchi puliti.

Un altro momento topico per i contadini, melendugnesi e non, cadeva tra ottobre e novembre: la raccolta delle olive, un lavoro che era ed è molto faticoso. L’operazione è la più delicata del ciclo, in quanto dai suoi effetti scaturisce la qualità dell’olio. Il bravo olivicoltore conosce il giusto grado di maturazione delle olive e quindi sa che questo influenza la qualità e la quantità dell’olio.

Il sistema tradizionale di raccolta, fino a non molto tempo fa ancora in uso nelle campagne, si basava sull’azione del vento e del tempo.

Olive e contadini
Olive e contadini

Le olive mature cadevano a terra spontaneamente o perchè spinte dal vento e venivano raccolte in piazzole già preparate ai piedi della pianta per poi essere cernite, allo scopo di eliminare terra e foglie, prima del trasporto al frantoio per le operazioni di molitura.

Non tutte le olive però cadevano a terra spontaneamente. Gli uomini raccoglievano appollaiati sui rami e sulle scale di legno stando in equilibrio sui pioli  e incominciavano a cogliere le olive: prendendo con la mano sinistra un rametto, con la destra strisciavano in modo da far cadere i frutti nella cestella legata alla cintola dei pantaloni o con una corda girata intorno alla vita. 

 

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