5 luoghi di culto da scoprire intorno alla Masseria S. Biagio

Lungo il confine territoriale tra Melendugno e la vicina Calimera, nei pressi della zona delle antiche foreste Oritane, di cui è rimasta solo una piccola porzione in seguito alla bonifica cinquecentesca effettuata dai contadini locali, sono presenti una serie di strutture cultuali smistate nell’aperta campagna attorno all’attuale Masseria San Biagio. Ecco le principali.
1. Cappella di pertinenza della masseria S. Biagio
È un piccolo ambiente con l’ingresso sul lato est del muro perimetrale della masseria.
Al suo interno è presente un modesto altarino posizionato sotto ad una tela votiva raffigurante la Madonna.
L’aria all’interno della modesta saletta è intrisa di devozione: sono numerosi i ceri e le candele accese in onore del santo ed entrando si viene assaliti dai densi fumi incensanti che stordiscono un po’ troppo lo spirito.
I muri interni, in seguito ad un intervento di recupero strutturale, sono stati lasciati senza intonaco con i conci a vista: un’azione criticata da alcuni detrattori, fatta a loro dire solo perché così va di moda oggi.
In origine infatti questi muri non solo erano intonacati ma anche imbiancati con la calce, che è un forte battericida. Gli ambienti che in effetti anticamente non si era soliti intonacare erano le stalle e le masserie, ma solo perché era troppo costoso farlo e un tale impegno economico lo si destinava prioritariamente ai luoghi cultuali.
2. Chiesetta di S. Biagio
A poche decine di metri dalla masseria, lasciandosi alle spalle l’ingresso della cappella, si trova una struttura che sulle mappe catastali viene indicata come fienile ma che in origine è stata però una chiesa. Per quale motivo dunque non risulta registrata in questo modo?
È presto detto: l’edificio ha subito una stratificazione oltre che costruttiva anche funzionale. A guardarla esternamente, considerate le sue forme, è difficile infatti non pensare ad una chiesa: facciata a capanna, contrafforti laterali a sostegno delle mura perimetrali, un primo ingresso con funzione di nartece, sono tutti elementi riconducibili ad essa.
Ciò che è variato nel tempo è la destinazione d’uso del luogo che dopo una prima sconsacrazione, è passato dall’essere un casale abitato per divenire poi una stalla e infine un fienile.
Nel 1758, in seguito a un restauro, ha ripreso la funzione originaria ed è stata riconsacrata, principalmente perché in quel frangente è stata rinvenuta una cripta ipogea dedicata a San Biagio. In corrispondenza dell’ingresso di questa è stato inciso un concio con la frase Ingredere Limina Purus da intendersi come un invito al fedele a superare la soglia da puro, ovverosia di confessarsi dei propri peccati prima di entrare.
3. Cripta di S. Biagio
Il motivo per cui la chiesetta/fienile di San Biagio è stata edificata in quel preciso punto è dovuto dunque alla presenza della cripta semipogea sottostante.
La cripta di S. Biagio è l’effettivo ambiente destinato alla funzione religiosa, dotato di un altare in pietra leccese i cui lastroni costitutivi sono addossati al muro su cui vi è un affresco che raffigura i Santi Vescovi: con tutta probabilità San Biagio e Sant’Eligio, spesso raffigurati insieme.
La cripta ha origine nel periodo bizantino, risalente all’anno 1000, ed è il nucleo preesistente dell’intero edificio religioso costruitole al di sopra, ha un ambiente in cui il piano di calpestio risulta essere ipogeo mentre la copertura con volta a botte emerge rispetto alla linea di terra. Nel periodo di sconsacrazione dell’intero sito, questo ambiente ipogeo era colmo di terra e di fatto ne era precluso l’accesso.
4. Edicola di Santa Lucia (una delle cuneddhre)
Per giungere alla masseria San Biagio e ai luoghi sin qui descritti bisogna avventurarsi in stradine e sentieri di campagna dissestati e stretti, ma talvolta anche asfaltati.
Alcuni di questi ricalcano degli antichi percorsi lungo i quali religiosi e fedeli si incamminavano in pellegrinaggio: lo conferma il ritrovamento sul ciglio della strada di un’edicola cultuale del ‘600 con affresco di S. Lucia.
Queste edicole sono luoghi di stazione detti “cuneddhre”, dal greco icone votive, e in antichità scandivano il percorso dei pellegrini ma anche dei semplici viandanti che quando passavano lì vicino si fermavano per pregare. Spesso anche i lavoratori nelle terre adiacenti, non potendo lasciare il lavoro per andare in chiesa, assolvevano lì il rito quotidiano della messa.
5. La falsa Neviera
Proseguendo il percorso, inserendosi sulla strada che giunge al dolmen Placa, si arriva nei pressi di una struttura con copertura a volta a botte. Intorno a questa è stata realizzata una piccola cava che ha rispettato il limite perimetrale dell’edificio.
Su alcune mappe storiche è indicata come una neviera anche se potrebbe non esserlo perché non ne possiede tutte le caratteristiche. Per prima cosa infatti non è ipogea, come invece dovrebbero essere le neviere per mantenere bassa la temperatura; inoltre considerando la presenza di numerose croci incise sulle pareti esterne e interne e di elementi religiosi, potrebbe essere più che altro un luogo di culto.
Allora perché su alcune mappe è stata indicata in questo modo? Sino a qualche secolo fa la contrada era una zona boschiva e nelle rare volte in cui nevicava si cercava di raccogliere la neve per conservarla: si utilizzavano appunto degli edifici ipogei che venivano poi chiusi ermeticamente.
Una volta conservata la si schiacciava per compattarla e la si ricopriva di paglia per renderne più lento lo scioglimento. Questo consentiva di avere ghiaccio a disposizione che poteva essere usato per motivi medici.
Probabilmente quindi questo antico luogo di culto ha perso la sua funzione iniziale ed è stato riutilizzato poi in tempi successivi come deposito di neve temporaneo.